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Rosie: “L’amore è la cosa più forte al mondo”

Jojo: “Dovresti sapere che è il metallo la cosa più forte al mondo”

(Jojo Rabbit, T. Waititi 2019)

E se non si dovesse scegliere? Se non ci fosse bisogno di stabilire chi detiene maggiore forza tra amore e metallo? Dopotutto, L’Araba Fenice di Stefania Antonelli – azienda marchigiana nel settore metallurgico, oggi, completamente al femminile – pare dimostrare che tra le due potenze in questione non solo possa sussistere una pacifica convivenza, ma che, anzi, siano in grado di favorire un circolo virtuoso tra la manipolazione dei metalli e il rapporto tra colleghe.

I. Là, dove tutto è iniziato…

Stefania ha cominciato a lavorare che non aveva nemmeno quattordici anni – da giovanissima, quindi –, come dipendente per un’azienda metallurgica. Lì è cresciuta, lì ha appreso la professione e, nel decennio che vi ha trascorso, ne è uscita come responsabile di produzione.

Questi, per lei, sono stati importanti anni formativi, nei quali non solo ha imparato il mestiere, ma nei quali ha dimostrato e maturato una dedizione per la ditta a tal punto da considerarla anche sua.

Nonostante ciò, l’idillio è finito quando la direzione ha optato per delocalizzare, mandando Stefania all’estero. Non è stato il semplice espatrio a guidarla verso la cessazione dell’impiego presso la società, quanto piuttosto il mutamento che la stessa ha subìto una volta lasciata l’Italia: i criteri, i valori, l’etica alla quale Stefania si era sentita tanto allineata, erano venuti meno. Nella nuova sede non sembrava esserci posto per l’istruzione e l’educazione: ogni operaio doveva svolgere la sua mansione come fosse un automa, senza ragionare sui perché e i per come di quello che gli veniva richiesto di fare. Una condizione disumanizzante votata più al rendimento, che non allo sviluppo personale nell’alveo della metallurgia.

Stefania, nutrendo uno spiccato interesse per la condivisione di sapienza ed esperienza, ha così deciso di licenziarsi. Questa rottura è stata vissuta quasi alla stregua di un lutto: qualcosa era morto in lei.

Tuttavia, – e da qui l’idea del nome: l’araba fenice che risorge dalle proprie ceneri – ottenuta la liquidazione e aperta la partita Iva, Stefania ha investito la somma di denaro con l’ambizioso proposito di dar vita a una sua azienda, acquistando i macchinari per poter proseguire il lavoro.

Aveva a malapena ventiquattro anni.

Gli inizi non sono mai facili per nessuno, men che mai per un neonato esercizio: Stefania, coraggiosa e caparbia, certo, ma comunque lucida, ha compreso sin da subito che non aveva ancora la forza commerciale per candidarsi ai grandi venditori. Dunque, ha mosso i primi passi contattando i piccoli artigiani della zona – uno scambio lineare, da artigiano ad artigiano, atto a presentare le possibilità che l’appena risorta Fenice poteva offrire.

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